martedì 24 novembre 2009

Profumo di terra bagnata


Da due giorni nel Maryland piove e il cielo è grigio, ma non sono affatto triste, perchè...per me è primavera.

Anche la pioggia è importante: andando a piedi agli Archivi, ho visto gli alberi ormai completamente spogli di quelle foglie che ne erano state l'ornamento magnifico fino a due giorni fa. Così: protesi nella loro semplicità e nudità verso il cielo. Ma c'è un elemento nuovo: un magnifico profumo di natura bagnata, con tante sfumature diverse che accarezzano l'olfatto. Mi sono sorpresa a restare ferma e a cercare di carpire quei profumi così articolati e di distinguerne a mano a mano la diversa origine. Ecco: ho invidiato le proprietà olfattive dei nostri amici domestici a quattro zampe perchè l'insieme degli odori che mi arrivavano meritavano decisamente 'un naso' più allenato e più consapevole del mio umano deficitario olfatto.
Poi ho ripreso il cammino verso lo studio e nell'andar...si pensa...
Pensavo a Roma, al Gianicolo, dove spesso mi trovo a passeggiare e che in qualche modo e in qualche angolo, con i suoi alberi secolari, mi ricorda e mi ricorderà questo pezzo di terra americana, lontana dagli imponenti edifici di Washington...downtown, come si dice qui.
Una terra che ho imparato ad amare e che lascerò presto: so già che ne sentirò la mancanza. Non mi appartiene, come i deserti, non ho fatto un patto di sopravvivenza con lei, ma mi ha ridato 'la primavera', quella della mia anima angosciata e ferita, come un balsamo antico sopra una ferita profonda; un balsamo nutriente che sta riformando un tessuto connettivo importante, dopo l'esperienza di essere stata usata per sopperire ad altrui debolezze caratterialmente strutturali.
Il mio piccolo Genio, sempre più restio a ucire dalla Lampada, perchè anela ai suoi deserti, pur apprezzando questa natura, annuisce con convinzione ai miei pensieri...piccolo imbroglioncello: in realtà qui stai bene, anzi benissimo, ma non lo vuoi dichiarare per un malinteso senso di orgoglio. Perchè non dici che ti piacerebbe in questo momento afferrare la criniera di un cavallo e correre in mezzo agli alberi, gustando profumi e suoni ovattati di una natura che sta per andare in letargo? Perchè non dici che vorresti essere qui al suo risveglio, con altri profumi e altri suoni?
Ti vedo sorridere furbescamente. Ho colto nel segno! D'accordo, qui ci torniamo a primavera e poi....ce ne andiamo in qualche deserto...
Firuzeh

domenica 8 novembre 2009

Tornando a vivere...






Il sole è caldo ed è novembre qui a Washington, a Capitol Hill, uno strano novembre tiepido e gioioso e anche giocoso. Le foglie degli alberi hanno colori di sfumature diverse, anche in queste strade e e si vedono le ultime rose della stagione. Una piazza ricorda Abramo Lincoln, ma di fronte si erge un monumento ad una donna che molto ha fatto per l'integrazione dei non bianchi e degli antichi abitanti originari di queste terre, Mary McLeod Bethune. Di fronte ad Abe Lincoln, una scultura, drammatica nella sua rappresentazione, con tre personaggi, fa un contrasto di colore con quanto è intorno. Un monumento nero, una scultura vibrante, contro il cielo azzurro di un giorno che sembra sereno. E di fatto per me lo è. Mi aggiro lieve tra i banchi del mercato locale, gustando la vita che vi si svolge, attiva, pulsante, rumorosa. Non amo molto i rumori, cercando sempre il silenzio, ma bisogna accettare il brusio del mercato come segno di vita. Il mio piccolo Genio mi sembra rassegnato: si è animato di fronte ad un bel cesto di datteri, ma è rimasto delusissimo. Sono datteri di California e anche molto buoni...gliene hanno offerti alcuni che ha accettato con un grande falso sorriso di gratitudine; però poi ne ha mangiato uno, e onestamente ha detto il suo parere al riguardo. Questa volta non più immusonito, ma sorridente, ha deciso di rimanere fuori della Lampada e guardarsi attorno perchè questi vialetti di Capitol Hill sono attraenti. Capisce che vi sono altri mondi, altri modi di vivere, lontani dal suo modo di essere e di amare la natura: quella dura, calda, fatta di polvere e di sabbia, di cammelli e di odori forti, di stracci e di spazzatura nelle strade, con un disordine eloquente, con la voce del muezzin e il traffico caotico: o con il vento del deserto che ti secca la gola e ti entra negli occhi.
Qui è tutto così ordinato, così 'normale', esteriormente così 'borghesemente' bello. Bisogna sempre vivere sull'orlo del precipizio o prendere una via agevole? I ricordi si affollano e vanno a quando il Male ha cercato di buttarti giù, di farti sprofondare in quel burrone profondo che è la negazione di se stessi, la sensazione che tutto o quasi non ha più senso. E allora ti sei aggrappato ad un ramo sporgente e a poco a poco sei tornato su: hai ripreso il cammino ma cerchi di stare lontano dal Male: ormai lo hai riconosciuto e devi fare in modo che non si avvicini a te, perchè hai paura delle tue reazioni. Potresti ferirlo a morte e non vuoi farlo, hai cercato di non farlo per tutto questo tempo. Oggi a Capitol Hill, in mezzo alla vita e con negli occhi la statua di una donna forte che ha lottato contro un mondo difficile, senti che il perdono che gli hai concesso vale la tua vita, la tua pace interiore, ma il Male forse non ha capito che perdonare non significa dimenticare...oggi a Capitol Hill il sole ti sorride e senti le spalle leggere, non ci sono pesi che gravano come un cielo in tempesta. Oggi ti manca il tuo deserto, ma ti rendi conto che quello dell'anima sta riprendendo vita, anche se la stanchezza è ancora profonda. Molto profonda. Ma che importa, se si torna a vivere?
Firuzeh

venerdì 6 novembre 2009

A spasso nel Maryland


Io amo i deserti, ma oggi sono nel Maryland: una natura bellissima con un autunno glorioso che regala foglie di ogni colore, dal verde al giallo a tutte le sfumature di un rosso caldo, invitante. Grandi alberi e una autostrada a due piste per corsia dove vanno come razzi le automobili. Ed io, raro pedone (perchè tutti hanno la macchina qui e vanno a piedi solo i poveri, quelli che fanno footing e gli 'svitati' come me), mi avvio con la mia cartella al lavoro in Archivio come uno studentello squattrinato. Venti minuti con le macchine che sfrecciano, ma quando i lontani semafori le fermano per almeno due minuti, io mi godo con gli occhi e con la fantasia questo angolo di mondo: non è il mio amato deserto, ma qualcosa mi dice che appartengo anche a questo spazio. Il cielo oggi è molto terso e soffia un vento sottile, insinuante, freddo, ma non gelido e inizia a parlarmi. Forse è un vecchio amico: ma sì, è sempre lui, sotto altro nome e altre vesti, il mio grande amico che mi accompagna spesso e anche oggi mi sussurra parole dolci, balsamo dell'anima. Il mio piccolo Genio ha freddo e non esce dalla Lampada: si sente solo la sua vocina che chiede di tornare sulle dune al caldo. Gli rispondo che non bisogna essere noiosi e banali e che bene gli farebbe uscire dal bozzolo per vedere il resto del mondo. Oggi sono allegra: il Male è lontano e quasi mi sono dimenticata della sua esistenza. E finché sarà lontano, non mi può nuocere. Debbo tenerlo lontano in qualsiasi modo: ancora non so come, ma lo farò. Il vento del Maryland mi dice che ce la farò e io continuo ad andare, con una strana serenità che non avevo da tanto tempo. Sorrido da sola e non mi accadeva da molto tempo. Che lo Spirito degli abitanti originari di questa terra abbia forse deciso che sono degna di un suo sguardo benevolo, visto che con umiltà cerco di vedere con la fantasia anche quello che non è più possibile vedere? Se così è, il Genio ed io ci prostriamo devotamente davanti a lui con mente aperta e animo sincero. Mandami un cavallo, o Spirito, che veloce mi porti nelle tue praterie, lasciando dietro il dolore che il Male mi ha provocato in questi ultimi due anni. E chiedi al Vento di accompagnarmi dove tu vuoi.
Firuzeh