martedì 30 marzo 2010

La vita che si vuole o quella che la vita vuole da te?

Per Antonio di Marco

Un mio ex allievo mi scrive che ho fatto una vita un po' diversa dal 'normale' e che mi si addice la seguente frase di Hugo von Hofmannsthal (dal suo volume 'Il libro degli amici' del 1922) "Il genio crea concordanza tra il mondo in cui vive e il mondo che vive in lui".
A parte che non sono un genio, questa frase mi ha fatto molto riflettere così come quando gli amici mi dicono che io ho voluto una vita da sola, senza un compagno...il che non è poi vero. Agli amici rispondo sempre che questa vita mi è capitata per una serie di contingenze e che sicuramente agli inizi non la volevo così; poi, viste le contingenze...mi sono adattata e ho cercato di trarne il frutto migliore, di viverla per come veniva.
Ecco l'Etiopia, mio primo rifugio dopo un dolore che temevo mi atterrasse definitivamente. A 28 anni nulla ti atterra e la vita prende il sopravvento. Sei mesi ad Addis Abeba: la foresta, gli altipiani, le 'sharmutte' ('signore disinibite', si direbbe adesso) che ricevevano clientela nelle loro abitazioni di fronte al residence dove abitavo e che conoscevo. Quando dovetti tornare a Roma, chiusero gli 'esercizi' per un'ora e mi offrirono un té, chiedendomi dell'Italia...parlavano male o poco bene l'italiano. Strano che ora questo ricordo mi è tornato vivido alla mente!
Cercavo anche di farmi del male correndo in macchina, finché un giorno, vedendo gli eucalipti dall'alto della finestra di casa mia, le donne che lavavano panni sotto al sole, sentendo una dolcissima musica, la Pavane Opus 50 di Fauré, compresi che avevo la vita in pugno e piansi lacrime di gioia. Avevo ricominciato a vivere.
Poi altri viaggi e altre esperienze eccezionali che si accumulavano e mi rendevano sempre più una persona forse 'difficile', lo ammetto, da avere accanto e a ogni delusione, mi sono sempre buttata a capofitto in un nuovo viaggio, in una nuova avventura fino all'ultimo deserto in Oman, per decidere cosa fare del resto della mia vita.
Sono però convinta che ho fatto la vita che ho voluto e anche quella che la vita ha voluto da me, in un intreccio inestricabile: dove finiva la mia volontà e dove iniziava il forte scorrere delle circostanze che mi obbligavano a fare quello che non avrei mai pensato di fare. Ho dato qualche colpo di barra per rimettere la barca nella giusta direzione, ma di sicuro qualche volta la barca mi ha condotta da sola nella direzione che lei stessa riteneva giusta...e io ho accettato!
Firuzeh

sabato 16 gennaio 2010

Una ricchezza dell'anima: il perdono.

Dopo un lungo e per me costruttivo silenzio torno a scrivere su queste pagine. Un anno nuovo e un momento nuovo di vita. Come se la fine burocratica di un anno solare e poi l'arrivo della primavera, avesse portato anche la fine di alcuni problemi del vecchio anno. Ho elaborato con grande fatica un lutto, ho ripreso una serenità che mi mancava. Ho instaurato nuovi dialoghi con persone intelligenti. Sono tornata a ridere dopo tanto tempo.
In realtà, però, mi sono resa conto che ho perdonato per egoismo, per stare meglio con me stessa. Dicono degli amici colti e preparati che il perdono è un sentimento imposto dal Cristianesimo e dal mondo occidentale. Certamente la religione che seguiamo è proprio fondata sull'umano concetto del perdono...forse perché il perdono è un elisir di vita: non puoi sempre stare in lotta con altri. Come e dove trovare la serenità per vivere quel che resta della nostra vita terrena, se non in noi stessi pacificati prima di tutti con il nostro io?
A volte, nonostante il perdono che dai...o che speri di avere, perdi strada facendo qualche persona amica e questo è un vero impoverimento nella tua vita. Mi sono recentemente impoverita!
Cerco sempre di non troncare alcun legame, anche quelli 'sentimentali' finiti, trasformandoli in complicità, affezione e affetto. Non sempre ci riesco. Ma ci provo...fors'anche facendo qualche sbaglio di sicuro. Se hai fatto un pezzo di strada di questa meravigliosa avventura che è la vita con qualcuno, anche se lo lasci indietro, per vicende varie, o le strade si separano, questo qualcuno rimane sempre un momento vissuto della tua vita...e perché dunque volerlo rinnegare?
Ho nuovi compagni di viaggio da questo anno, incontrati per caso: ma esiste il caso? O qualche legge della nostra mente che non conosciamo (gli psicoanalisti la conoscono assai bene...) ci predispone 'al caso', alla coincidenza che si verifica e che noi riconosciamo finalmente per la disposizione d'animo più aperta? Effetto della pacificazione con noi stessi, secondo il mio parere...
Mi guardo indietro per imparare ancora ma soprattutto ora guardo avanti. Il passato esiste solo dentro di noi nella nostra mente: mi diceva un mio amico e maestro, grande saggio, quaranta anni fa, in uno dei momenti più tristi della mia vta: vede Gabriella, questa nostra 'vitarella' va vissuta ricordando il passato nella consapevolezza che esiste solo nel nostro pensiero, guardi avanti guardi avanti: è lì la vita non dietro a noi...
In quel tempo non lo capivo e non gli credevo...ora ho capito...ho la sua stessa età di quando mi diceva con un sorriso queste parole, stringendomi forte il braccio.
'Grazie prof' ...glielo dico ora, in ritardo , ma vale lo stesso, vero?
Allora non ero ancora
Firuzeh
28 marzo 2010