Ricordo il volto di vari soldati dopo un attentato: alcuni tirati e duri, altri con la disperazione negli occhi, altri ancora con un senso di disorientamento e di smarrimento dopo un evento ipotizzato in teoria, ma inaspettato o quantomeno non immaginato nella cruda realtà.
Rivedo foto di volti sorridenti, consci dei rischi, ma forse lontani nel quotidiano vivere dal pensare l'evento come realizzabile, perchè vivevano i loro minuti e le loro ore pensando ai servizi da espletare, a quelli futuri, al prossimo rientro a casa, ai problemi domestici e familiari.
Ricordo il volto di un soldato ventiquattro ore dopo un attentato, con l'odore dei morti e delle macerie fra i capelli e sui vestiti, seduto sullo spigolo di una scrivania, con l'arma stretta fra le mani: duro, tirato, capace di accennare un mezzo sorriso per fare una domanda sciocca che voleva essere gentile; barba lunga e occhi attenti, senza cedimenti, consci che il pericolo non era passato; anzi... se 'ieri' era ormai passato, esisteva solo il 'domani per un amico perduto, per il quale combattere e per difendere chi era rimasto.
Svanì in mezzo agli Hesco-Bastion che aveva fatto sistemare in poche ore. Vorrei ritrovarlo, ma so che se ne è andato forse per sempre nell'inquinamento aberrante e opportunista della vita di tutti i giorni.
Di fronte al pericolo e alla morte, si tira giù la maschera, svelando il vero volto. Poi ci si rimette la maschera e la farsa ricomincia.
Firuzeh
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