giovedì 25 giugno 2009

Teheran, trent'anni dopo!

Settembre 1978 - 25 giugno 2009.
Non posso fare a meno di scrivere due righe su quello che sta accadendo in questi giorni a Teheran. La maggior parte dei giovani, che sono oggi nelle strade, sono nati meno di trenta anni fa, come lo era Neda, e non hanno visto quello che successe fra il 1978 e il 1979 a Teheran, a Shiraz, a Isfahan, a Rasht, e Abadan.
Sto vedendo in televisione un film già visto e vissuto in prima persona e ne sono profondamente amareggiata. Anche allora negozi e banche messe a fuoco; spari fra la folla; fiori nei fucili dei giovani soldati mandati nelle strade per mantenere l'ordine pubblico: i genitori di questi giovani di oggi, che erano allora per le strade, erano sicuri di aver scacciato un tiranno e di avere affossato un regime sanguinario.
Una notte di dicembre salì verso il nord di Teheran, come una onda, l'urlo Allah'u'akbar, di coloro che sui tetti delle basse case locali, avevano trovato un altro modo di manifestare il loro dissenso, oltre a scendere in piazza e a morire come era successo a Meidan-e-Jaleh, l'8 settembre 1978. Un urlo che diventava via via sempre più impressionante e potente fino ad arrivare alle eleganti ville di Shemiran, dove vivevano la maggior parte dei diplomatici stranieri. Io vivevo invece piuttosto in basso nella città e il mio telefono squillava continuamente nelle sere di coprifuoco, perché chi era in alto voleva notizie in anteprima su quel che stava succedendo a sud della città.
Ricordo quella notte quando questo 'rumore' saliva come una onda gigantesca e non se ne capiva il significato fino a quando non ti raggiungeva...quante telefonate preoccupate ricevetti da persone che erano spaventate da questo rumore indefinibile...per alcuni aspetti agghiacciante.
Ho letto che di nuovo i manifestanti non solo sono scesi nelle piazze ma alcune notti avrebbero fatto esattamente come i loro genitori, quando erano giovani e pieni di speranze.
Non so cosa aveva fatto il padre di Neda in quel 1978, quando probabilmente aveva venti o trenta anni: sicuramente non avrà mai pensato che dopo molto tempo avrebbe perso la figlia in dimostrazioni che ricordano troppo da vicino quelle che portarono alla fine della monarchia Pahlavi in Iran.
L'Iran è uno splendido paese con antica cultura e tradizioni. Stavo meditando di tornarci, dopo tanto tempo, perché non posso dimenticare i dolci freschi pomeriggi passati a prendere il thé a Durband, a nord di Teheran, seduta su un takté (un divano di legno orientale), vedendo scorrere un rio d'acqua limpida e gelata che veniva dal monte Damavand.
Le scene di questi giorni che la televisione ci elargisce e gli appelli dei blog da Teheran mi stanno addolorando, facendo ancora una volta riemergere tanti ricordi. Speravo anche io un cambiamento democratico, dopo un periodo di assestamento fisiologico post-rivoluzionario.
Pochi stanno parlando di quello che successe allora, anche perché i giornalisti che coprirono quegli avvenimenti sono in gran parte scomparsi. Due sono ancora in attività e scrivono: nelle loro parole ritrovo analisi di avvenimenti che comprendo e condivido in pieno. Gli attuali inviati speciali sono giovani anche loro e nel dare le notizie credono di aver scoperto qualcosa di nuovo, così come stava succedendo a me, che con beata incoscienza, ma con tanta curiosità, mi aggiravo nelle strade, durante le dimostrazioni, e rientravo in ufficio emozionata, con notizie da dare. Anche io avevo ancora la mia vita in mano con un gran fascio di speranze e determinazioni.
Oggi quel tempo è passato.
Firuzeh


Nessun commento:

Posta un commento