mercoledì 23 settembre 2009

In Africa

Etiopia, Addis Abeba, inizi anni settanta. Una grande voglia di fuggire da Roma e per studio riuscii ad andare ad Addis. In loco mi prestarono una Rover e io poi mi comprai una vecchia Fiat 1500 con cambio al volante e in seguito un fuoristrada russo, UAZ, anch'esso assai vetusto. Faceva lo 'shimmy', cioè entrava in vibrazione assurda raggiungendo i circa settanta chilometri orari, tenere il volante era una bella impresa, ma appena si superava quella velocità, la UAZ ritornava tranquilla...si fa per dire, perché rombava come un vecchio aereo bi-elica sul punto di esalare l'ultimo...giro!
La vecchia UAZ però ha fatto il suo servizio bene e mi ha portato su piste difficili, ha guadato fiumi, ha portato a caccia me e i miei amici. Che caccia poi? Beata gioventù: andavamo di notte a caccia di lepri con il faro della mia Uaz a illuminare il terreno. In questi casi lasciavo la guida ad altri, ma la mia mira era assolutamente 'fallibile'. Ricordo il primo sparo con il fucile prestato e il rinculo del colpo che mi piazzò seduta in modo violento sul sedile, io che spavaldamente stavo in piedi nonostante la vettura fosse in rapido movimento. Non ho mai preso una lepre e quindi mi rimisero alla guida, dove invece ci sapevo fare.
Un'altra volta, con amici uscimmo da Addis verso il confine con il Kenya, per andare a caccia e soprattutto vedere quello che noi chiamavamo 'il Lago degli Uccelli'. La fauna pennuta di questo lago era più che numerosa: il rumore era infernale; dovevamo urlare per sentirci fino al momento del tramonto. Un momento di rara magia: in poco più di un minuto il sole tramontava e in quello spazio di tempo brevissimo si passava dal suono delle voci degli uccelli al silenzio più spesso, più compatto. Le tenebre, arrivate con rapidità, avevano riportato l'assoluta calma sul lago. L'animo e la mente potevano rilassarsi e gli occhi guardare il cielo con animo quieto, godendo della bellezza di una natura particolare..
Dopo una battuta di caccia, con un buon numero di fucili in macchina, rientrammo in Addis, molto meravigliati di non trovare il consueto caos domenicale del rientro in città. Arrivammo a casa alla Salcost (il complesso della Salini Costruzioni), pronti a cambiarci per andare ad una cena elegante: fortuna volle che telefonammo per dire che eravamo in ritardo. La cena era stata annullata; il Negus era stato defenestrato ed era in vigore il coprifuoco...e noi non avevamo capito niente, tornando con beata incoscienza da un lungo week end fuori città, con armi nel bagagliaio della macchina. Non avevamo incontrato un posto di blocco; certo: tutto era stato troppo calmo, ma, ci dicemmo, guardandoci negli occhi: eppure abbiamo visto alcune biciclette andare tranquille! Ma ad un tratto ricordammo: avevamo sentito di notte strani colpi di tamburi nella boscaglia (dormivamo in tenda non troppo vicino al lago, con i fuochi accesi), colpi che erano quasi un botta e risposta; quel linguaggio però non ci apparteneva e non avevamo capito, anche se quel rincorrersi di segnali di tamburo ci aveva provocato un oscuro e forte senso di disagio.
Quella sera non uscimmo più. Poi la vita riprese nella sua routine, dove era entrato anche il coprifuoco, routine anch'esso. Perché poi quasi tutto diventa routine.
Firuzeh

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