venerdì 18 settembre 2009

Seconda lettera alla 'Signora'

Gentile Signora, ieri Lei ha spuntato dal Suo elenco, tra gli altri, anche sei nomi di quella lista 'speciale' che tiene in serbo, quella dove l'età e la malattia non contano.
Li chiamiamo da tempo 'soldati di pace' perché è politically correct, senza renderci (o forse ce ne rendiamo perfettamente conto, ma vince l'ipocrisia) che questa dizione è una contraddizione in termini. Mi sono sempre chiesta poi dove era la pace in Iraq e in Afghanistan; dove è in quella lontana terra? Dove le Voci, che non si sentono, gridano invece con violenza 'guerra...guerra...guerra' !
Lei, cara Signora, che conosce ogni dettaglio della mia vita, essendone ormai l'unica padrona, sa quanto io ami quelle regioni e come il mio cuore soffra anche per quei poveretti di lingua dari, pashtun che Lei ha deciso di cancellare dal suo elenco generale.
Ma come già ebbi a dirLe, comprendo che Lei ne sa più di me e mi inchino ai Suoi voleri.
So che Lei non ha pietà per nessuno: forse per questo nella tradizione artistica del nostro Bel Paese e in altri anche, viene raffigurata piuttosto 'scheletrica' con una falce in mano, spettrale, tetra. Forse è proprio così, ma io amo raffigurarLa - considerato che amiamo le rappresentazioni antropomorfiche - come una Signora, severa certamente, ma gentile che può donare alla fine la vera pace, anche con un sorriso. A volte dopo molte sofferenze, altre rapidamente.
Ora, Signora, ho bisogno ancora di tempo: devo riuscire a perdonare chi mi ha fatto molto male, dicendo per altro che non avrebbe 'voluto' farmi questo, ma agendo con superficialità e egoismo...come un normale essere umano, con le sue debolezze e le sue grandi fragilità. So di essere più forte, ma devo soprattutto riconciliarmi con me stessa, con quel perdono che ancora mi rimane difficile dare.
Il Suo aiuto consiste solo nel darmi tempo: quello che Lei vuole e reputa giusto, nella Sua saggezza. Sono sempre una Sua devota 'amministrata', ma
non ancor Sua,
Firuzeh


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