venerdì 15 maggio 2009

Caravanserraj

Il ricordo del percorso per arrivarvi si è sfumato perché ha prevalso un altro ricordo, molto più potente e prepotente. Deserto Centrale in Iran: un gruppo di trentenni, quarantenni, molto affiatato. Un egiziano, due spagnoli, due greci, una coppia tedesco-egiziana, due svizzeri, un tunisino, una italiana, due iraniani: insomma il Mediterraneo unito, la scoperta delle affinità elettive (soprattutto nelle tradizioni letterarie, artistiche e culinarie) che aveva cementato giovani e meno giovani. Land Rover, tutte targate corpo diplomatico. All'imbrunire, percorso calcolato come nei secoli passati, ci siamo fermati in un vecchio caravanserraj, che era appena stato molto spartanamente riattato per accogliere, come nel passato, viaggiatori di quelle terre: noi arrivammo con le Land...moderni cammelli e dromedari di carovane vocianti.
Non c'era luce elettrica: grandi fuochi accesi nel cortile e nelle 'cellette' solo una candela e una brandina da campo. Dopo un buon 'chelo-kebab' molti intorno al fuoco a...giocare a carte.
Io me ne andai zitta zitta sul tetto del caravanserraj perché come al solito avevo bisogno dei miei dieci minuti di solitudine: non avevo però ancora scoperto il senso del deserto. Fu su quel tetto, da sola, seduta con le gambe incrociate, che iniziai forse a capire...
Notte senza luce elettrica; cielo scintillante di luci stellari. Sotto, intorno al fuoco, le voci che per me lentamente sparirono. Non le sentivo: si allontanavano sempre più fino a che io raggiunsi la sensazione del silenzio più totale. Ascoltavo solo la voce del deserto, sussurrante quella volta, soave: mi sentivo leggera. Era come se fossi uscita da me stessa e mi guardassi da fuori: parte integrante di quella realtà forse onirica. Mi ero fusa con il deserto, con la sua voce, con il suo cielo di luce. Ricordo di aver provato una grande serenità per essere immersa in quella calma totale. Continuavo a osservarmi con attenzione, immobile come ero, incastonata in luogo senza tempo, una figura minuta rispetto ad una immensità che poteva annullarti o darti il senso dell'appartenenza, dell'identità ancora cercata.
Non so quanti minuti ...o ore.. passai così: avevo perduto completamente la nozione del trascorrere del tempo. Ad un certo punto tornai a sentire delle voci che mi chiamavano con ansia; dovetti tornare in me:  un amico egiziano mi raggiunse sul tetto e affannosamente mi disse che erano tutti preoccupati perché non avevo risposto: temevano che fossi uscita dal serraj e mi fossi perduta nella notte. Li vidi anche un pò seccati della mia 'sparizione'. Ho fatto una fatica tremenda ad assumere un'aria contrita scusandomi. Sono scesa: me ne andai nel mio cubicolo a dormire. 
Quella notte ho stabilito una alleanza personale con il deserto, con i deserti. Sento imperiosa a volte la loro voce che mi chiama e mi invita a ritrovare la mia identità smarrita, dopo errori, dolori e delusioni, promettendomi che mi darà sempre quel conforto che cerco e che trovo solamente in loro compagnia. Ho bisogno di voi, dei miei deserti: voi mi ridate sempre la mia serenità che oggi mi manca. 
Firuzeh


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