martedì 12 maggio 2009

una sera sull'Eufrate

Quella sera, una sera senza storia, eravamo in tre seduti su uno scalino...guardavo il cielo e le stelle.  Intorno a noi finalmente silenzio, quello che io desideravo, soprattutto la sera, per raccogliere le mie impressioni e sentire quell'atmosfera che già avevo conosciuto in un ambiente simile tanti anni prima. Mi piaceva ascoltare la voce del muezzin che salmodiava chiamando i fedeli alla preghiera della sera, per me era una voce conosciuta, direi quasi amica. Per altri era un fastidio, la sentivano come una minaccia; per me non lo era. Mi rendevo conto che avevamo una sensibilità diversa dovuta a vite maturate in modo differente. I due accanto a me parlavano di argomenti assai seri e io ascoltavo con un orecchio solo, perché l'altro era impegnato a cercare di sentire silenzi...anche se dall'altra parte del fiume di tanto in tanto arrivavano echi di musica. E poi i miei occhi di nuovo scrutavano il cielo. Mi sarebbe piaciuto starmene da sola ma il contesto voleva che non mi alzassi da quel gradino, o forse l'educazione non mi permetteva di alzarmi e dire, signori, io me ne vado a passeggio per i fatti miei. In fondo loro erano lì per fare compagnia a me...quasi tutti gli altri erano al di là del fiume, da dove veniva la musica.
Le altre sere avevo amato di più il muezzin e l'incanto del salmodiare in arabo classico. Quella sera c'era qualcosa che non andava per il verso giusto, un lieve disagio del quale credevo di sapere la ragione per puro istinto di chi ha vissuto realtà di quel mondo. Solo il cielo cobalto mi rasserenava e spesso con aria falsamente distratta guardavo in sù e comunque ero esonerata dall'interloquire perché ciò di cui i due parlavano non era strettamente di mia competenza, anzi non lo era affatto. Era più opportuno far credere di ascoltare diligentemente...mentre cercavo di capire quel che veniva detto nella preghiera della sera: si sentivano tutte le parole, essendo gli altoparlanti della moschea rivolti verso di noi, ma la mia minima conoscenza della lingua mi faceva solo afferrare qualche rara parola. Mi era però facile distinguere il salmodiare dalla 'predica'.
Spesso guardavo anche il fiume: strano, lo sentivo nemico, soprattutto di notte: ognuno di noi ha un rapporto diverso con gli elementi della natura. Quella parte di Eufrate proprio mi era ostile. Perché? Non lo saprò mai. Dovrei tornarci per capire. Non potrò, non credo.
Quella sera non riuscivo a concentrarmi, non so ancora perché, forse erano i due che pur ragionavano di fatti importanti...le altre sere ero riuscita a ritagliarmi dieci minuti da sola con i miei pensieri e il mio deserto ai bordi della città, verso il quale andavo sempre le mattine successive a scoprire, a capire, a sentirmi soprattutto parte di esso.
Quella fu l'ultima di una sera senza storia in quel luogo.
Firuzeh

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