Le altre sere avevo amato di più il muezzin e l'incanto del salmodiare in arabo classico. Quella sera c'era qualcosa che non andava per il verso giusto, un lieve disagio del quale credevo di sapere la ragione per puro istinto di chi ha vissuto realtà di quel mondo. Solo il cielo cobalto mi rasserenava e spesso con aria falsamente distratta guardavo in sù e comunque ero esonerata dall'interloquire perché ciò di cui i due parlavano non era strettamente di mia competenza, anzi non lo era affatto. Era più opportuno far credere di ascoltare diligentemente...mentre cercavo di capire quel che veniva detto nella preghiera della sera: si sentivano tutte le parole, essendo gli altoparlanti della moschea rivolti verso di noi, ma la mia minima conoscenza della lingua mi faceva solo afferrare qualche rara parola. Mi era però facile distinguere il salmodiare dalla 'predica'.
Spesso guardavo anche il fiume: strano, lo sentivo nemico, soprattutto di notte: ognuno di noi ha un rapporto diverso con gli elementi della natura. Quella parte di Eufrate proprio mi era ostile. Perché? Non lo saprò mai. Dovrei tornarci per capire. Non potrò, non credo.
Quella sera non riuscivo a concentrarmi, non so ancora perché, forse erano i due che pur ragionavano di fatti importanti...le altre sere ero riuscita a ritagliarmi dieci minuti da sola con i miei pensieri e il mio deserto ai bordi della città, verso il quale andavo sempre le mattine successive a scoprire, a capire, a sentirmi soprattutto parte di esso.
Quella fu l'ultima di una sera senza storia in quel luogo.
Firuzeh
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