sabato 5 dicembre 2009
Un orsacchiotto di peluche
Goodbye Maryland! Goodbye friends!
martedì 24 novembre 2009
Profumo di terra bagnata
domenica 8 novembre 2009
Tornando a vivere...
Qui è tutto così ordinato, così 'normale', esteriormente così 'borghesemente' bello. Bisogna sempre vivere sull'orlo del precipizio o prendere una via agevole? I ricordi si affollano e vanno a quando il Male ha cercato di buttarti giù, di farti sprofondare in quel burrone profondo che è la negazione di se stessi, la sensazione che tutto o quasi non ha più senso. E allora ti sei aggrappato ad un ramo sporgente e a poco a poco sei tornato su: hai ripreso il cammino ma cerchi di stare lontano dal Male: ormai lo hai riconosciuto e devi fare in modo che non si avvicini a te, perchè hai paura delle tue reazioni. Potresti ferirlo a morte e non vuoi farlo, hai cercato di non farlo per tutto questo tempo. Oggi a Capitol Hill, in mezzo alla vita e con negli occhi la statua di una donna forte che ha lottato contro un mondo difficile, senti che il perdono che gli hai concesso vale la tua vita, la tua pace interiore, ma il Male forse non ha capito che perdonare non significa dimenticare...oggi a Capitol Hill il sole ti sorride e senti le spalle leggere, non ci sono pesi che gravano come un cielo in tempesta. Oggi ti manca il tuo deserto, ma ti rendi conto che quello dell'anima sta riprendendo vita, anche se la stanchezza è ancora profonda. Molto profonda. Ma che importa, se si torna a vivere?
venerdì 6 novembre 2009
A spasso nel Maryland
martedì 6 ottobre 2009
La primavera...in autunno
giovedì 1 ottobre 2009
martedì 29 settembre 2009
Fuga da Itaca
E’ inutile fuggire. Come scriveva Konstantin Kavafis nel suo poema Ithaca a proposito di Ulisse e della sua isola dalla quale si allontanava sempre, Itaca siamo noi stessi e volercene andare non è altro che fuggire dai nostri problemi, tentare di cancellare errori e dolori con una fuga. Affrontarli è difficile, perdonarceli, ancora di più…Strani pensieri sulla sabbia di una piccola baia sull’Oceano Indiano verso il tramonto.
Può sembrare difficile vedere mare e cielo in bianco e nero, uniti in un mix tendente al grigio!! Ma se il sole è velato da una foschia originata da una forte calura giornaliera e, al tramonto, state guardando i profili delle rocce in controluce, ebbene i colori sfumano in varie tonalità di grigio. Le barche dei pescatori si stagliano contro il sole divenendo delle sagome nere dai contorni particolarmente nitidi. Incredibilmente credi di poter fissare il sole, anch’esso….d’un grigio quasi tenero. Sul grande scoglio di fronte a Ras Al Hamra, si posano altre piccole sagome, veloci: alcuni dei tanti uccelli che vivono tra gli alberi e i cespugli di questa spiaggetta tanto bella quanto maltenuta, con bottiglie di plastica buttate lì dopo un frettoloso bagno: niente di nuovo dunque nemmeno in questo lembo di Oceano Indiano. Però alzando lo sguardo verso uno sperone dove una volta c’era fino a poco tempo fa una villa d’altri tempi con gran giardino, e ora lo scheletro di un palazzo in costruzione, astraendosi dunque da ciò che è intorno a noi, torna l’incanto delle barche dei pescatori che cercano i granchi che vivificano le rocce e il bagnasciuga, delle lumache di mare attaccate a due lastroni di cemento armato arrugginito, che in altri tempi agevolavano la discesa a mare delle barche. Il tramonto, tenero e gentile in questa giornata afosa, nasconde le bottiglie di plastica e mette ancora una volta in risalto il profilo delle rocce. L'animo si calma e la mente si rasserena: la tempesta è dentro di noi, ma il vento sta calando; i ricordi si attenuano e sono lontani, non solo fisicamente...la notte scende rapidamente, come sempre, quanto più ci si avvicina all'Equatore. Il silenzio si affaccia timido sulla piccola baia e come miracoloso unguento orientale arriva sulle ferite dell'anima e le lenisce, sia pur per un poco. Sempre meglio così, vero mio amico Genio che rientri rapidamente nella Lampada, non appena senti odor di tristezze? Continua invece a volteggiare in questo tuo mondo incantato dove non vi sono confini tra la realtà e fantasia che sfuma la realtà come un sogno lontano...
Firuzeh
Un deserto dell'anima: l'ipocrisia
Un dialogo divertente...ma vero
Attori: il Corpo (anni…dopo i 50) e la Mente.
Mente: “dunque, preparati che ora (sono circa le 20.00 di una normale serata) dobbiamo andare con amici al cinema o a teatro…”
Corpo: “sei scema; io di qui non mi muovo. Mi hai fatto fare la spesa, correre dietro vari autobus; mi hai portato in palestra e ora pretendi con una doccia, di portarmi in giro”
Mente: “ti prego; ho lavorato tutto il giorno tra casa, ufficio e computer. Comprendimi: ho voglia di svagarmi un po’; in fondo non è così difficile; solo un poco di buona volontà…e andiamo a rilassarci con un sano divertimento"
Corpo: “non se ne parla proprio. Fai una telefonata e disdici; la prossima volta, se hai velleità culturali serali, lasci stare la spesa, gli autobus e quel che ti pare, ma non la palestra: chiaro? Perché quella mi serve, più del pane. Mi dai un riposo pomeridiano e poi dopo posso darmi ad attività a tuo beneficio esclusivo. Capito?” [il solito egoismo maschile...nota dell'Autrice]
Il Corpo non andò al cinema e la Mente capì che doveva tener conto ormai dei voleri del Corpo, mentre prima non lo aveva quasi mai fatto: gli anni erano passati e aveva perso gran parte della sua autorità sul Corpo; ma rimanevano sempre amici cari legati a doppio filo e con buon senso potevano continuare ad andare d’accordo, come nel passato. E la Mente con dedizione davvero femminile dovette iniziare ad accettare i piccoli grandi egoismi del suo compagno.
Firuzeh
mercoledì 23 settembre 2009
In Africa
domenica 20 settembre 2009
Il silenzio
venerdì 18 settembre 2009
Seconda lettera alla 'Signora'
giovedì 17 settembre 2009
Oggi non posso tacere
martedì 25 agosto 2009
Sicilia d'agosto
Sicilia d’agosto: un caldo soffocante e un invito a pranzo per le ore tredici! Periferia di Palermo: una volta 'campagna' per i possidenti, dove andare per ripararsi dalla calura. Entro in una villa della Trinacria ottocentesca! Salgo per una bella scala di pietra antica che porta ad una serie di stanze ‘gattopardesche’. Entrando a sinistra, un grande armadio di noce chiara nasconde un altare completo, una piccola cappella domestica dove i Baroni P..., padroni di casa usavano dire le loro devozioni e qualche pretino locale probabilmente vi celebrava messa in momenti particolari.
E poi, posti con cura in vetrinette o su tavolini, oggetti di gran gusto di un’epoca ormai passata, ventagli di ogni forma ed eleganza, e le foto di famiglia: quelle dei matrimoni di bisnonni, nonni e genitori; i ritratti degli antenati in divisa dell’Esercito della nuova Italia unita, indossate dai gentiluomini siciliani che credevano nel nuovo corso e che comunque accettarono, per convinzione o per dovere, la realtà sabauda al posto di quella borbonica ormai disfatta.
Ecco la foto di una fanciulla con capelli assai lunghi e una postura timida, come si addiceva sicuramente alle nobili non ancora maritate: la mia giovane ospite mi racconta che quella donna era una sua zia morta ultracentenaria, e mentre parla io rivedo in lei la sua antenata…
Vado nella grande terrazza, che una volta era quella riservata alla padrona di casa, perché ad essa si accedeva solo dalla sua stanza da letto, ora diventata un elegante salotto.
Mentre cammino nella terrazza e continuo il mio giro per la villa, mi rendo conto che un affollato mondo di presenze eteree mi accompagnano benevolmente, forse chissà ridacchiando, dietro a raffinati ventagli, dei miei pantalonacci informi di cotone, del mio sgraziato cappellino di raffia e della mia macchina fotografica brandita come una minaccia, mentre loro con grazia fanno volteggiare le crinoline di mussola leggera, sotto bellissimi leggeri cappelli di paglia. Questo deve essere il solito scherzo del Genio che ama sempre farmi ritrovare improvvisamente, come per incanto, in mezzo a persone che non conosco Io sorrido e mentre abbraccio l’attuale padrona di casa, comunque ringrazio mentalmente quelle dame, per avermi fatto intravedere con la loro presenza, un aspetto piacevole di un mondo ormai scomparso, perché non tutto il quel mondo era piacevole e solo pochi eletti potevano disporre di ville di campagna, quelle stesse ville che ora ai più rimane difficile mantenere!
Mentre mi allontano in macchina, da un ornato terrazzino sulla facciata, una giovane donna in bianco mi saluta: sei tu, Piera o è la tua ava?
Firuzeh
L'Attesa
Attendere è difficile. Necessita di grande pazienza, perseveranza, speranza e anche disperazione, a volte. Attendere cosa? Una notizia, una telefonata, un appuntamento, un segnale…il nemico, come nel ’Deserto dei tartari’? O attendere il nostro ‘Godot’. Le attese sono complesse e logoranti; raramente vengono ricompensate da momenti piacevoli. E’ connaturata alla natura umana, l’attesa per qualcuno, qualcosa e poi quando si ha coscienza della vita, senza saperlo si attende comunque Lei, la nobile inflessibile Signora che avrà il potere di sopire per sempre qualsiasi attesa.
Firuzeh
L'Araba Fenice
E’ il mito dell’immortalità, a ben pensare, quello dell’Araba Fenice che risorge sempre dalle sue ceneri. Ma quale è il vero senso di quel mito? Oltre a quello dell’immortalità, forse è il più semplice desiderio umano di rialzarsi sempre e comunque dopo aver affrontato un ostacolo ed esserne rimasti sconfitti. Oppure dopo esser stati colpiti da una calamità fisica o psicologica che ti ha messo in ginocchio. E’ trovare una grande forza per ricominciare tutto da capo, dopo delusioni, amarezze, lutti, perdite finanziarie…ma dove trovarla?
Vi sono persone che la trovano nella Fede, qualunque essa sia; altre, meno fortunate, indubbiamente, per rialzarsi, debbono trovare quella forza in se stesse con grande fatica e dispendio di energie fisiche e mentali. Ma.. la vita è una farsa e ti devi accontentare di quello che passa. Per fortuna che mi sento come l'Araba Fenice e trovo sempre la forza per riprendere il filo della mia vita...fino a quando, però? Ora ho ritrovato la mia serenità anche se ho ricevuto una dura lezione sulla complessa e tortuosa psicologia di alcuni esseri umani.
Quanta fatica in più ad ogni resurrezione!! L’ultima è stata veramente dolorosa.
Firuzeh
Un volto
mercoledì 1 luglio 2009
La casa di Donna Muzna (Bait Sayyeda Muzna)
È una casa ancora in restauro, vuota, affascinante, incantevole. Il mio Genio è uscito dalla lampada di Aladino e si aggira da padrone tra le sue stanze fresche; volteggia gioioso, ritrovando ambienti e architetture a lui note: qualcosa di simile aveva già visto in Yemen…ritrova stipi e stipetti incassati nel muro, anche in alto sulle pareti.
Per ora ci sono ancora fili elettrici pendenti, pareti da liberare da sali minerali che la infestano... ma pian piano … la casa si sta animando con i suoi abitanti; scende dalla scala principale la Donna della Casa: forte potente, ha fatto il pellegrinaggio alla Mecca, guida con mano ferma la numerosa servitù che deve tenere pulita la grande casa, quelle figure velate che si aggirano senza far rumore e s’infilano svelte su per alcune ripidissime e strette scalette, perché quelle larghe, padronali, che portano al patio superiore, sono solo per la famiglia.
Da quella ringhiera di legno, così fragile e elegante, si affacciano le figlie della domina a cinguettare segreti di fanciulle, ma solo quando la madre è fuori.
Con gentilezza Sayyeda Muzna mi fa fare il giro della sua dimora, dove i tappeti che coprono ovunque il pavimento ti accarezzano i piedi soavemente. E lì nelle nicchie dei muri, ad archetto islamico, trovi i profumi, per la verità forti e troppo dolci, fatti con acqua di rose; lì brucia il frankincense che si trova abbondante in Oman; si sentono profumi di altre spezie che provengono dall’India; lì è conservata la dolcissima halwa, specialità del luogo.
Ammiro i superbi tappeti: li guardo con occhio esperto. Ho momenti di sollievo dal caldo, perché la ‘bait’ così come è ‘architettata’, ripara dall’afa dell’ambiente esterno, con 45° gradi all’ombra. La generosa padrona di casa mi invita a sedermi sui divani a terra di stile omanita e mi offre un magnifico tè caldo…speziato con grani di cardamomo macinati. Decido che quando tornerò a casa farò la stessa cosa…almeno per un mese… poi di sicuro tornerò alle abitudini nostrane, per pigrizia e mancanza di buone spezie fresche.
E’ il momento del congedo, dopo una parentesi di grande serenità, ma…mentre sto ringraziando, Sayyeda Muzna scompare, così come si ‘volatilizzano’ i tappeti, gli oggetti, le serventi e il cinguettio di fanciulle…ho di fronte un operaio indiano con baffo, tuta blu e pennello in mano. Questo è stato un altro scherzo del Genio, ma quale è la realtà: Donna Muzna e le sue figlie o l’operaio? Come al solito ho dei dubbi. Preferisco Sayyeda Muzna, forte signora e poco importa se la vedo solo perché inavvertitamente ho strofinato la Lampada. E' importante che la realtà e la fantasia si fondano insieme, per continuare a sognare e insieme vivere la realtà.
Firuzeh
giovedì 25 giugno 2009
Io, i granchi e l'Oceano Indiano
Un sole a fine pomeriggio ‘da cartolina’ che rende netto il profilo delle rocce, diventate improvvisamente scure, perché non sono più illuminate dalla luce solare; …ma poi l’attenzione viene distratta dalla vita che inizia a manifestarsi sul bagnasciuga: le lumachine di mare lasciate libere dalla bassa marea sullo scivolo arrugginito di barche fantasma; i granchi che compaiono all’improvviso, sbucando dalle vicine rocce o dalla sabbia.. . se accenni a muoverti rapidamente si infilano nella ‘tana’. Fotografarli non è facile perché ‘sentono’ una presenza. Allora bisogna immobilizzarsi, rinunciare alla fotografia sperata e cercata e con serenità guardare questi piccoli strani animali che sembra camminino a ‘sghimbescio’, di lato, almeno così ci sembra, con una rapidità impensabile. E così il pensiero va alla vita che non sempre va avanti, ma a volte ha fatto il gambero oppure il granchio, muovendosi lateralmente, e non sempre parallelamente ad altre vite, anzi…in quante occasioni ti sei messo/a da parte con sofferenza per non intralciare altri. Sicuramente però hai fatto soffrire qualcuno, ma non lo sai o non te ne sei accorto/a e comunque pensi sempre, egoisticamente, che la tua sofferenza sia stata maggiore di quella che hai sicuramente inferto. Mettersi da parte, camminare a lato, allontanarsi...
Anche questa presenza sulle coste dell’Oceano Indiano è un movimento curioso, sembra proprio quello del granchio che scava sulla sabbia un buco perfettamente circolare nel quale si rifugia non appena intravede ombre, quelle ombre che vogliono rimanere immanenti e che dovrebbero essere scacciate con forza. Il sole quasi all’improvviso, come sempre avviene quando ci si avvicina all’Equatore, scompare e sembra che anche i granchi si nascondano o…. non si vedono più. Rimani a guardare il cielo, mentre dall’alto ti chiamano e ancora una volta ti riconducono alla realtà. Il Genio rapidamente ritorna nella sua Lampada: anche lui si nasconde veloce come un granchio, ma sente che la sua mente non si libera dai fantasmi che lo hanno voluto seguire anche qui. Genio, perché sei così pensieroso? Domani è un altro giorno? Che frase banale!
Firuzeh
Teheran, trent'anni dopo!
martedì 23 giugno 2009
Una seconda sera sull'Eufrate, 'dopo'...
lunedì 22 giugno 2009
Una rassegnazione antica
Mercato del pesce di Quriyat, un villaggio a pochi chilometri da Muscat, attuale capitale dell'Oman. Un edificio nuovo, con piastrelle bianche...ovviamente con un inconfondibile sgradevole odore di pesce e sangue marcio, rappreso a terra, a circa 45° all'ombra: tonnetti, squaletti, pesci vari grandi e piccoli. Chi puliva, chi sezionava con la seghetta elettrica gli esemplari di grande taglia. Presenza di ghiaccio in alcuni contenitori, ma la maggior parte della merce era in esposizione, senza alcun tipo di preservazione dal calore: poco pesce, per la verità, perché ormai alle 9 del mattino, parte degli acquisti erano già stati fatti. Ma proprio in questo mercato ho fatto un incontro 'umano', forse il più bello della mia permanenza in questo sultanato che una volta era composto da quello di Muscat, dall'Oman e dalla favolosa isola di Zanzibar.
Negli occhi degli anziani trovi spesso molti sentimenti non espressi: negli occhi di un vecchio pescatore di Quriyat ho visto un mondo e dal suo sorriso paziente ho ricevuto tanto.
Sapevo che non potevo fotografare le persone e quindi inquadravo solo il pescato. Poi la mia guida mi ha detto che potevo fotografare quel vecchio pescatore che sorridendomi alzava i vari pesci di fronte a lui. Un sorriso rassegnato, dolce, con gli occhi che però fissavano un tempo lontano, molto lontano: mi sentivo presente, ma trasparente e lo speravo quasi, perché mi ritenevo ormai fuori posto, turista insulsa, inutile, con il mio cappellino e la mia macchina fotografica, mentre lui con grande pazienza, questa volta guardandomi negli occhi, con una rassegnazione antica, sollevava un altro grande pesce per agevolarmi la foto.
Avrei voluto parlare con il vecchio pescatore, ma il dialogo non era possibile per tanti motivi…allora con i miei occhi e con un sorriso, forse triste (perché in quel momento lo ero diventata), ho cercato di trasmettere calore, amicizia, e tanta umana gratitudine per il suo gesto, non richiesto, e il suo sorriso. Il mercato era svanito per me, come le persone attorno, calamitata da questa antica presenza. Non potevo parlarne con la mia guida, un giovanotto locale, con Ipod e telefono cellulare ultimo modello: non mi avrebbe capito. Una grande differenza fra vecchie e nuove generazioni.
Un attimo, forse qualche secondo...tornando poi alla realtà, ho chiesto alla guida se dovevo qualcosa al vecchio e dignitoso signore per la sua gentilezza, anche se mi sembrava proprio che non fosse il caso mettergli in mano una cifra, quale, poi? Infatti la guida mi ha detto di no.
Uscendo dal mercato, mi sono voltata e di nuovo gli ho sorriso: non so se mi ha visto o se di nuovo guardava oltre gli umani come se essi fossero pure trasparenze.
Credo, spero di avere imparato qualcosa dal sorriso di quell’uomo omanita, così lontano da noi nel tempo e nello spazio: il suo viso più che nella mia mente, si è stampato là dove i sentimenti sono ricchezza umana, anche se non li puoi esternare.
Firuzeh
Gli occhi di un bimbo e il senso della vita
I bambini sono meravigliosi: i loro occhi, giovani e curiosi, sanno vedere quello che gli occhi di un adulto non vedono più... perché l'adulto ha visto molto, forse troppo, ma soprattutto crede di avere visto quasi tutto... e non si sofferma a vedere 'la farfalla sul fiore' considerando la bellezza dei colori che la natura offre, perché è troppo distratto dal corso della vita che ha vissuto e che pensa di vivere. Ho di nuovo riflettuto su questa mia convinzione da sempre, perché nel giro di una settimana due amici, di età assai diversa, mi hanno detto che sono una donna-bimba...la mia reazione all'amico più giovane di me che per primo mi ha scritto questa sua idea non è stata molto positiva quasi sentendo nelle sue parole una velata critica.
La vita è molto, troppo difficile a volte e le delusioni sono profonde in molti settori e con molti amici; poi la curiosità, per quel che ci circonda, la voglia di conoscere e di imparare, che altri forse sentono come dimostrazione di immaturità, ti aiutano a riprendere un percorso e soprattutto a valutare, ad esempio, nei conoscenti e nei pochi amici veri solamente i loro lati positivi , cercando di mettere sotto al tappeto quelli negativi, come si fa quando si vuole nascondere polvere di vario genere, per salvare l'affetto e la comunanza di interessi...se c'è.
Dopo pochissimi giorni, un altro amico, più vecchio di me, mi ha ripetuto lo stesso commento di donna-bimba dicendomi, con la saggezza di chi ha vissuto almeno un decennio più di te, che questo era un grande dono che la natura mi ha regalato.
Forse questo è uno dei tanti sensi della vita: continuare a guardare, quando possibile, con gli occhi curiosi e ingenui di un bimbo, insieme con un cuore di poeta. Non sei al riparo dai dolori e dalle delusioni, ma riesci ancora a 'vedere' intorno a te attraverso una lente di grande positività, che ti permette di gioire sempre e comunque, metabolizzando il negativo che ti circonda. Cerco di far così: non sempre riesco a valutare tutto positivamente, ma quando i miei occhi si convertono in quelli di una 'bimba', allora sento che sto vivendo un momento speciale.
Firuzeh
martedì 2 giugno 2009
Un deserto dell'anima: la gelosia
sabato 30 maggio 2009
Un atterraggio 'indimenticabile'!
martedì 26 maggio 2009
Un deserto dell'anima: la rabbia
Avete mai avuto un senso di impotenza che si concretizza in rabbia? A volte si deve cedere, ma se cedi di fronte ad una persona che stimi e ammiri, riesci a farlo senza che ti cresca questo sgradevole sentimento dentro. Il problema invece si pone quando devi cedere di fronte a chi non stimi affatto. E allora è molto dura. La rabbia ti procura una desertificazione dei tuoi sentimenti fino ad arrivare ad una aridità della quale non ti rendi conto, perché quel sentimento s’impone e oscura tutti gli altri. Quando comprendi questo mutamento ‘ambientale’ del tuo io, ti spaventi e cerchi di por rimedio facendo un’analisi seria, cercando di capire perché hai tanta rabbia in corpo. La imputi a quell'ombra che è dietro chi stimi e ammiri, e credi che sia l'ombra a costringerti a cedere. Invece non ti accorgi che chi ti provoca la rabbia non è quell’ombra che pilota tutto. È proprio chi è pilotato all’origine vera della tua rabbia perché con connivenza e ben nascosta fragilità lascia l’ombra pilotare il suo strano universo, del quale si lamenta sempre, ma che accetta,. Lo fa per costume? Per dovere sociale? Per debolezza? Per quieto vivere? Per quale altro motivo? Eppure si lascia indicare quasi tutto e segue la strada che l'ombra profondamente egoista e profittatrice indica. E quindi la stima per questa persona debole scende, scende inesorabilmente. E accanto alla rabbia allora si affaccia la delusione di aver sbagliato ancora una volta la valutazione di un essere umano, di non aver capito una parte di quella persona ben occultata. Spesso alla rabbia si sostituisce una umana compassione e la pena per chi lascia pilotare agli altri la propria vita, in modo da farsela rendere difficile, agra e qualche volta impossibile...altri che non si curano della sua vita, a proprio esclusivo beneficio di matrice egoista.
I più giovani non conoscono un cantautore molto famoso alla fine degli Anni Settanta, Stefano Rosso, poi dimenticato. Morì poco tempo fa e si ritrovarono i suoi dischi digitalizzati..sulle bancarelle. Stefano Rosso accompagnò una mia lunga permanenza in Francia. Tra le sue belle canzoni testimonianza di un'epoca particolare in Italia, vi è 'Bologna 77', forse la più poetica di quelle che ha scritto. Nel testo: '...e poi primavera...e qualcosa cambiò..
qualcuno moriva e su un ponte lasciò,
lasciò i suoi venti anni e qualcosa di più....
e dentro i miei panni la rabbia che tu
da sempre mi dai, scavando nei pensieri miei,
guardandoli poi dall'alto all'ingiù,
ma forse io valgo di più...'
Penso spesso a queste parole: non so se valgo di più; certamente no... Forse solo la pena e la compassione cancellano la rabbia facendo rifiorire un deserto dell'anima. Due rose nel deserto, le rose di Shiraz, le rose del poeta Hafez e quelle di Omar Khayyam, sotto il Sio-Se Pol (il Ponte delle trentatre arcate) e di fronte a Chehel-Sotun o Quaranta Colonne (venti sono quelle vere che raddoppiano rispecchiandosi nello specchio di acqua antistante). La rabbia è svanita nell'incanto delle faience della cupola della Madrasseh-Madar-e-Shah o del mausoleo di Soltanieh, nell'arida piana di Zanjan in Iran. Il cielo di Shiraz è di un azzurro speciale e l'aria è frizzante: domani me ne andrò in un caravanserraj nel deserto e tutto sarà dimenticato.
Firuzeh